“Lo sport – sosteneva Nelson Mandela – ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di unire le persone come poche altre energie al mondo. Parla ai giovani con un linguaggio che comprendono. Lo sport può creare speranza dove prima c’era solo disperazione”.
Mandela è stato un “gigante” iconico nella politica e nello sport. E’ stato un avatar etico che non ha mai contrabbandato la sua irriducibile coerenza. Una fulgida cometa che – nella ricorrenza annuale del 18 luglio – illumina l’oscurantismo protervo dell’establishment mondiale che abortisce i processi evolutivi (diritti umani, tutela ambientale, abolizione di tutte le aberrazioni di apartheid, parità di genere, rispetto verso le minoranze etniche e confessionali, ecc.). Il visus lillipuziano dei politici si ferma alle prossime elezioni. Gli statisti illuminati guardano alle future generazioni.
La moral suasion di Nelson Mandela si coniuga oggi con l’emergenza ambientale. Lo sport è sempre più integrato nelle dinamiche sociali, economiche, climatiche. Pertanto dovrebbe condividere le strategie di sostenibilità per migliorare la qualità della vita. La multinazionale dello sport – di contro – continua imperterrita a dilapidare ingenti risorse. Emblematiche le Olimpiadi di Tokyo che hanno ignorato il dissenso (l’86% dei giapponesi). Sorge un dubbio amletico: il gotha sportivo internazionale è consapevole dell’inesorabile clessidra ambientale?
Il mainstream mondiale (omertoso, allineato o prezzolato?) ha celebrato i Mondiali di calcio nel Qatar con una piratesca operazione di sportswashing, strumentalizzazione dello sport per “candeggiare” l’immagine inquinata del Paese fra diritti civili negati, 6.500 schiavi scomparsi nel corso dei lavori degli impianti sportivi, devastante impatto ambientale sull’ecosistema locale e globale.
L’impronta ecologica (ecological footprint) definisce un’area speculativa da reintegrare per sopperire all’energia totale ed alle risorse consumate dall’evento. Ma esiste un’altra impronta etica che grava – dopo i Mondiali del Qatar – sulla coscienza planetaria come un lugubre, colpevolizzante egregore che il folklorico coming out di Gianni Infantino Presidente della FIFA non riuscirà mai a “candeggiare”.
La globalizzazione con le sue laceranti disuguaglianze – dichiara il filosofo Alain Deneault autore del long seller internazionale “La mediocrazia” – è stata aggredita, dominata, colonizzata da un virus più invasivo e letale del covid-19: la mediocrità parassitaria dell’establishment che ormai pervade i gangli vitali del nostro pianeta.
Si insedia, affonda le radici e progressivamente alimenta una partenogenesi più perniciosa della variante “Omicron” assumendo metamorfosi tentacolari (ostentazione della subcultura, arroganza del potere, yuppismo omogenetico, rendita feudale di posizione, arroccamento del privilegio, occupazione settaria dei media, ecc.). Se a queste “virtù” aggiungete l’irreversibile deriva valoriale ed una ripulsa ottusa verso la meritocrazia completate il quadro desolante di un’involuzione antropologica che si autoreferenzia con un endemico imbarbarimento sociale e culturale.
L’unico antidoto contro la mediocrazia egemone è il pensiero critico, autonomo, avulso da ingerenze e strumentalizzazioni. Gli status symbols dominanti si orientano verso i livelli infimi della convivenza civile con gli stereotipi omologanti della politica (satrapia del potere), dell’impresa (culto del brand), del marketing (neoschiavismo), della tv (persuasione occulta), dei social (nichilismo massificato).
I codici comportamentali mediocratici propinano quotidianamente insulsi luoghi comuni, messaggi subliminali, dipendenze psicotiche (vedi consumismo), illusioni edonistiche, atteggiamenti emulativi come l’effetto “branco” monitorato dall’etologo Desmond John Morris nel celebre best seller “The naked ape”.
“Tout casse, tout passe, tout lasse” è un’espressione francese che definisce il senso aleatorio dell’immanenza. I mediocri hanno “usurpato” il potere ma non passeranno alla storia. L’inconscio collettivo superiore – sostiene Carl Gustav Jung – separa il grano dalla pula perpetuando nella “memoria akashica” gli avatar illuminati come Mahatma Gandhi, Martin Luther King e Nelson Mandela icona eccelsa di valori, di probità, di coerenza nella politica e nello sport.
Enrico Fora
Condirettore “ACSI Magazine”