In previsione delle Olimpiadi di Tokyo, prima dell’arrivo del Covid-19, avevamo chiesto ad alcuni Campioni di parlarci del valore delle Olimpiadi per la loro storia personale.
I loro contributi sono stati pubblicati sull’edizione numero 22 dell’Annuario della Stampa Sportiva Italiana (USSI). Ecco il racconto di Matteo Aicardi, pluricampione della Pro Recco, due volte campione mondiale (2011 e 2019) e due volte medagliato (argento a Londra 2012 e bronzo a Rio 2016) con il Settebello.
“Quando ero piccolo tutti mi chiedevano quale fosse il mio sogno nel cassetto. Negli anni quel cassetto l’ho aperto e richiuso diverse volte, cambiando anche il suo contenuto, finché un bel giorno, come un’illuminazione, ho capito che cosa avrebbe dovuto custodire. Da quel momento è rimasto chiuso a chiave e ogni istante della mia vita penso che forse un giorno lo aprirò di nuovo per ricominciare… Qualcuno potrebbe pensare che un’Olimpiade si prepari ogni quattro anni, ma in realtà un atleta inizia a prepararla molto prima. I “sacrifici” – parola che non mi piace usare – cominciano nel momento in cui capisci che in quel cassetto non c’è posto per altro e l’unico modo che hai di poter realizzare qualcosa di così importante è vivere ogni giorno con quella sana ossessione di voler superare i tuoi limiti e di metterti a confronto, step by step, con un avversario sempre più forte.
Io, personalmente, ho la fortuna di giocare insieme a tanti campioni che, come me, condividono quel sogno. Questo è uno dei grandi vantaggi dello sport di squadra: tutti i giorni hai qualcuno con cui puoi confrontarti, con cui puoi gioire delle vittorie e consolarti delle sconfitte; come una famiglia che ti sostiene quando le cose vanno male, ma che è pronta a farti notare dove sbagli e a fornirti consigli utili per migliorarti, perché alla fine il risultato finale è sempre dato dal massimo impegno di ognuno di noi.
Senza questo impegno giornaliero sarebbe difficile gestire la forte pressione emotiva che ti dà un’Olimpiade, che risulta una costante slegata completamente dallo stato di preparazione di un atleta. Il mondo ti sta guardando, da quello che fai dipendono le emozioni della tua famiglia, dei tuoi amici e di milioni di persone che, come te, amano questo sport. Se non si arriva preparati, sia fisicamente sia psicologicamente, si rischiano quegli strani effetti boomerang che danno le emozioni forti. Tanti allenatori decidono di non far partecipare la squadra alla cerimonia di apertura, perché l’impatto che ha questa festa sugli atleti rischia di distogliere l’attenzione dalle gare che li aspettano nei giorni successivi. Un’altra causa di distrazione dalla forte componente emotiva è il villaggio olimpico: una concentrazione degli atleti più forti del mondo che per diversi giorni vivono a stretto contatto. Immancabilmente capita che la testa smetta di pensare al vero obiettivo: non arrivare lì, ma far ricordare a tutti che ci sei stato riportando a casa una medaglia.
L’Olimpiade di Tokyo entrerà nella storia come la prima a sfruttare le Green Technologies. Oltre alle medaglie provenienti da materiale riciclato da smartphone, tablet e computer, vedremo sistemi di produzione di energia ad idrogeno, sia per le auto sia per i fabbisogni all’interno del villaggio. Ecco, penso che questo evento sia non solo il sogno nel cassetto di milioni di sportivi come me, ma anche di ingegneri, fisici, esperti di marketing, politici, aziende e tanti altri. Forse l’unico comune denominatore capace di unirci su questo pianeta”.