Paolo Pacchioni, caporedattore RTL 102.5, racconta 25 anni di professione, con i cambiamenti registrati anche dal punto di vista della tecnologia.
“Siamo alla metà degli Anni Novanta e il vostro giovane cronista è inviato al seguito del Giro d’Italia per RTL 102.5. C’erano già i telefoni cellulari, ma la copertura della rete non era quella di adesso. Su alcune stradine dell’entroterra o più ancora in montagna, capitava spesso che non ci fosse segnale. E allora, per chi era su una delle auto al seguito della corsa, ogni collegamento diventava una scommessa: quindici minuti prima della diretta bisognava allungare alla ricerca di una cabina telefonica, sperare che all’interno non ci fosse un ragazzo al telefono con la fidanzata, chiamare la radio, aggiornare sulla situazione in corsa e ripartire di fretta, evitando di farsi superare dai corridori, perché – una volta finiti dietro il gruppo – era quasi impossibile “rimontare”. E restando dietro, si sarebbe “bucato” l’arrivo. E’ questo un piccolo esempio di quanto la tecnologia abbia cambiato la professione: ora con un semplice smartphone si può allestire una diretta anche video da ovunque. Naturalmente questo è soltanto un aspetto della rivoluzione che in un quarto di secolo ha cambiato il modo di fare il giornalista e di seguire lo sport.
C’è stata l’irruzione di internet e dei social network: il flusso di notizie è molto più immediato, si sono moltiplicate le fonti, ma è aumentato anche il rischio che per arrivare prima si pubblichino storie non opportunamente verificate. E’ poi cambiato il rapporto con i protagonisti; lo spartiacque si può collocare proprio venticinque anni fa: prima il giornalista aveva un contatto diretto con atleti e giocatori, capitava di scambiare quattro chiacchiere in modo informale a bordocampo dopo un allenamento, o nella hall di un albergo prima di una gara.
Successivamente è stato eretto un muro: nessun contatto tra sportivi e giornalisti se non negli appuntamenti ufficiali e “controllati” come le conferenze stampa. In compenso bisogna sorvegliare il profilo social di un campione, in attesa di una breve dichiarazione che spesso non scrive nemmeno lui. Sarà che il giovane cronista ormai è invecchiato, ma si stava meglio quando si stava peggio”.