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di Gianni Merlo *

Quando siamo usciti dalla morsa più stretta del Coronavirus 19 pensavamo di essere tornati alla vita normale, invece è arrivata l’invasione dell’Ucraina, che ha aperto nuovi scenari spaventosi. Non c’è vaccino che possa bloccare e soffocare le mire insensate di Putin purtroppo. E la vita, già difficile di noi giornalisti sportivi, è precipitata in nuovi incubi.
In estate a Tokyo e in febbraio a Pechino abbiamo sperimentato le Olimpiadi in “bolla protetta”. Due modi diversi di interpretare la quarantena: quella giapponese abbastanza dolce ed elastica oltre che limitata nel tempo, 14 giorni; quella cinese rigida, chiusa ma ben organizzata.
I due casi però hanno avuto un denominatore comune: il difficile e problematico accesso alle fonti.
Prima la pandemia e ora la guerra ci stanno allontanando sempre più dalle fonti per noi fondamentali. Alcuni dirigenti e federazioni sportive hanno fatto subito tesoro di questa nostra difficoltà e hanno preparato piani per lasciarci definitivamente lontani dagli atleti e anche dai dirigenti stessi. Così non a caso nel mondo sono aumentati i casi di partite truccate e di risultati manipolati. Alcuni club si sono abituati a scegliere chi può avere l’accesso allo stadio e chi no. Siamo tornati alla preistoria purtroppo.
Io credo che adesso più che mai sia da intavolare un discorso con i dirigenti sportivi per rilanciare un piano culturale, che possa permettere alle giovani generazioni di giornalisti di affrontare le nuove frontiere dello sport preparati. Senza la necessaria preparazione il vero giornalismo sportivo rischia l’estinzione. Non sono pessimista, ma è opportuno guardare in faccia alla realtà e quindi affrontarla con nuove idee e comportamenti.
Noi rispettiamo i club e le federazioni, ma noi vogliamo lo stesso rispetto. Viviamo nello stesso mondo, ma abbiamo funzioni separate, che devono rimanere separate proprio per garantire una evoluzione costante del mondo sportivo che deve essere adeguato ai tempi.
Stiamo vivendo un momento molto difficile, ma non dobbiamo perdere la passione per un lavoro che è importante nella nostra società.

* Presidente Aips

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