
In previsione delle Olimpiadi di Tokyo, prima dell’arrivo del Covid-19, avevamo chiesto ad alcuni Campioni di parlarci del valore delle Olimpiadi per la loro storia personale.
I loro contributi sono stati pubblicati sull’edizione numero 22 dell’Annuario della Stampa Sportiva Italiana (USSI). Ecco il racconto di Filippo Tortu, primatista italiano sui 100 metric on il tempo di 9″99, primo italiano capace di scendere sotto i 10″ sulla distanza.
“L’Olimpiade è il sogno che ho sin da bambino, da quando ho iniziato a fare sport. L’ho sempre considerata come la cosa più bella che possa capitare a uno sportivo.
Partecipare a un’Olimpiade è un sogno prima di tutto, per chi ama lo sport e per chi lo pratica. Poi diventa un obiettivo, uno di quei traguardi che uno sportivo non vuole e non può mancare per poter dire: c’ero anche io, ce l’ho fatta.
Un’Olimpiade – in piccolo – io l’ho già vissuta: le Olimpiadi Giovanili di Nanchino nel 2014. Ho un bellissimo ricordo di tutto quello che era stato il contorno della gara, la vita nel villaggio olimpico insieme agli atleti di altre discipline, l’attesa delle gare e poi la cerimonia di apertura che era stata spettacolare.
Ho sfiorato Rio 2016 per pochi centesimi e da allora penso solo a poter correre a Tokyo. Negli ultimi quattro anni, gli sforzi sono tutti rivolti verso i Giochi Olimpici del 2020 per arrivare a competere lì e poter dire la mia.
Sarà certamente la gara più importante e avrà un significato simbolico nella mia vita, proprio per la ‘sacralità’ e la significatività che rivestono le Olimpiadi.
A Tokyo punterò a fare il mio massimo e a ottenere il mio personale.
E’ un viaggio che inizia cinque anni fa e oltre a mio padre, che è anche il mio allenatore, e alla mia famiglia, che mi sono vicini da sempre, posso anche contare su un team di persone che lavora tutti i giorni con me, proprio per farmi arrivare al meglio delle condizioni e a raggiungere il massimo dei risultati a Tokyo”.